Le scienze della psiche sono (per definizione) le scienze della soggettività. Devono (e possono) i loro strumenti di indagine produrre oggettività?
Ce ne parla Umberto Galimberti in un articolo comparso su La Repubblica (“Che cosa si studia oggi nelle facoltà di psicologia?“). L’unico argomento che non condivido affatto con Galimberti è la sua preoccupazione per una deriva “biologico-naturalistica” delle scienze della psiche, che a me sembra invece il loro doveroso approdo epistemologico. Semplice divergenza terminologica forse, poiché per tutto il resto l’articolo di Galimberti è una perfetta sintesi prescrittiva per la psichiatria e la psicologia moderne. Dove si chiede ad esempio di ripartire in modo convinto dalla psicopatologia, dal colloquio, dalla soggettività che regge la fenomenologia.
Galimberti si preoccupa della scomparsa della psicopatologia e del punto di vista soggettivo dai programmi delle facoltà psicologiche: “Obbligatori sono invece gli esami di statistica e di testistica, come se nell’approccio clinico capire cosa passa nel vissuto del paziente avesse decisamente meno rilevanza di quanto non ne abbia rassemblare dati grezzi per indagini statistiche, o somministrare test che danno tanto l’impressione di scientificità, dove è garantita la professionalità dello psicologo anche nel fallimento dell’incontro“.
I test come mera illusione di oggettività? Seguiamo il percorso di Galimberti. Leggi il seguito di questo post »